1968-2018 ( I )
Oggi “2001: A Space Odyssey” di
Kubrick compie 50 anni. Un' immersione dentro una Sala
Visiva d'eccellenza, dentro un congegno ottico perfettamente
calcolato. Il linguaggio puro delle immagini, lucido e
imperturbabile. Ipnosi. Il nero monolite vaga, l'enigma fluttua
nell'universo dopo l'apparizione all'alba dell'umanità fuori dalla
grotta di un gruppo di ominidi. Si perde nel muto assoluto dello
spazio buio ed infinito. E i silenzi assoluti improvvisi nell'audio e
le musiche del film sono la parte fondamentale della colonna sonora,
mai il silenzio ha così impressionato, mai si è così concretizzato
facendosi reale. Fuori tutto galleggia, avanza nello spazio, è la
danza dello spazio cosmico. Questo lo spazio esterno. Negli interni
invece è rivestito di bianco e argento, fatto di tecno-arredi,
ambienti optical e design tecnologico minimale, opaco. Un
design che riveste tutto il film, dal grande, le astronavi e le basi
spaziali, al più piccolo, la penna stilografica che fluttua nel
vuoto. La grafica futuribile degli schermi di controllo, della
strumentazione di bordo, delle etichette di sale comandi. L'odissea
ruota attorno all'ignoto fino ad avanzare nell'oscurità cosmica
sulle note malinconiche dell' adagio, la suite dal balletto Gayane,
attraversa lo
psichedelico stargate,
stelle, nebulose, ottaedri
e
panorami per il
mistero del viaggio nel
Tempo, dopo che
l'intelligenza artificiale di Hal
ha ucciso. Attraversati i mondi si approda infine nella scena della
camera chiusa in stile Impero: le poltrone, il letto, le statue nelle
nicchie e gli stucchi Luigi XVI assemblati assieme al pavimento in
plexiglas luminoso, alla bianca capsula sferica e alla tuta arancione
di Bowman. La natura umana il destino l'umanità. Il feto cosmico, il
Bambino-delle-stelle.
Mi ricordo di me
ipnotizzato quando bambino l'ho visto dentro la sala cinematografica.
Il
viaggio attraverso l'ignoto continua.