“Il Piano D prevedeva lo Smascheramento Totale. Bisognava aprire gli occhi ai gonzi. Mostrare loro la ruota truccata di Vita-Tempo-Fortuna. Assaltare lo Studio della Realtà. E rifilmare l'universo.” ... “...Il ciclotrone elabora l'immagine- E' il principio del microfilm - immagini sempre più piccole, sempre più numerose in sempre meno spazio compresse con il ciclotrone fino a trasformarsi in polvere cristallina d'immagini- In questo modo possiamo portarci via tutto 'sto pianeta del cazzo dentro un copridito su per il culo..." (W.S.Burroughs. Nova Express.1964).
1978-2018 (IV)
JONESTOWN



La vicenda è più o meno nota. A Jonestown nella giungla della Guyana nord-occidentale il 18 novembre 1978 avvenne il più numeroso suicidio di massa documentato della storia. Ci sono stati altri esempi di suicidio di massa, alcuni famosissimi altri meno noti, ma tutti legati però ad episodi di guerra quando parte di una popolazione lo fece per non cadere in mano nemica o per l'umiliazione della resa.
A Jonestown il reverendo Jim Jones aveva fondato “Il Tempio dei Popoli”, una setta organizzata a comunità agricola formata da adepti reclutati dalla popolazione povera ed emarginata di San Francisco e dintorni. Molti erano afroamericani ghettizzati dal razzismo. Per il reverendo la Bibbia era stata scritta dai bianchi per i bianchi, ma non più da lì in avanti. In quell'anno un membro del Congresso e tre giornalisti inviati a Jonestown per indagare dal Congresso americano vennero uccisi mentre tentavano di ripartire. Qualcuno afferma che quell'episodio accelerò i tempi per quel suicidio di massa che comunque era già stato “preparato”, una fine ineluttabile per accedere ad una specie di paradiso: il reverendo Jones convinto di essere accusato di omicidio e per paura che la setta sarebbe stata smantellata ordinò il suicidio.
“Suicidio rivoluzionario...per la vittoria del popolo, per il socialismo, per il comunismo...per la libertà degli oppressi”. La terra promessa. L'utopia. Una truffa tessuta da un carismatico predicatore sfociata in un inferno. Quel giorno Jones piazzò in mezzo alla “comune” un bidone riempito di succo di frutta, cianuro, valium ed anestetici dove prima si abbeverarono i bambini e dopo i genitori. Chi tentò di sfuggirgli venne ucciso a colpi di mitragliatrice. L'esercito accorso contò 909 vittime.
Un bell'esempio di gestione del potere attraverso una comunicazione di massa vicina forse all'
ipnosi e al sonnambulismo, ma che sconcerta per la dedizione di un gregge in stato patologico.
Questo dopo Hitler. Poveri che sono morti lo stesso.



1918-2018 (III)



SEMPRE


                                        Sempre
Andremo più lontano senza avanzare mai

E di pianeta in pianeta
Di nebulosa in nebulosa
Il don Giovanni delle mille e tre comete
Pur senza muoversi dalla terra
Cerca le forze nuove
E prende sul serio i fantasmi

E tanti universi si obliano
Chi sono i grandi obliatori
chi mai riuscirà a farci obliare questa
                     [o quella parte di mondo
Dov'è il Cristoforo Colombo cui dovremo
                      [l'oblio d'un continente

                               Perdere
Ma perdere veramente
Per far posto alla trovata
                             Perdere
La vita per trovar la Vittoria

(trad. Giorgio Caproni)

Morto a Parigi a 38 anni a causa della spagnola e della ferita alla testa trapanata poco prima.
Poeta fantasioso che sostenne tutte le imprese artistiche del suo tempo nella Parigi dei pittori e delle avanguardie pre-e-post surrealiste, amante del circo e dei balletti russi.
Apatride, combatté la Grande Guerra, un po' forse per riconoscenza verso la Francia, un po' per ottenerne la naturalizzazione, un po' per un' illusione, un dramma feroce poi e una tragedia.
Uno tra decine di artisti-personaggi che vissero con coraggio tra i caffè di Parigi, tra sogni più potenti della povertà e del freddo, funamboli veri della vita, di quelli che ora non puoi trovare tra le strade, ma solo nelle biblioteche.




IL MUTO. 
L'UNICO CINEMA POSSIBILE.





Nessun inizio/nessuna fine/nessuna direzione/nessuna durata. Il video come la mente.”
(Bill Viola)

Il cinema è già morto da tempo. Inteso come arte, come fatto estetico. Televisione, internet, paytv, serie ecc...lo hanno impacchettato in una fruizione standard e stordente. Recita se stesso in mondovisione permanentemente, vendibile in qualsiasi momento, disponibile in qualsiasi circostanza, ogni secondo nell'era elettronica. La vita stessa delle persone pare scimmiottare questo cinema: selfie, foto, smarphone...centinaia d'immagini da postare all'istante nei social, dominati dalla mania di registrare e riprodurre la propria vita minuto per minuto sostituendo la “vita vissuta” con la “vita rappresentata”. Insomma il cinema inteso come tecnica, riproduzione-elettronica, ha invaso il mondo, è diventato quasi l'apparato totale totalizzante, i dispositivi video sono dappertutto quando paradossalmente lo spettatore è quasi sparito, ha perduto il suo luogo, la sua sala cinematografica.
Allora riflettiamo sul cinema delle origini, quello muto, girato su pellicola bianco/nero che ancora ipnotizza come un sogno raccontato: quella epopea di un arte esclusivamente visuale guardata adesso emana tutta la sua innocente e strampalata fantasticheria, è una poesia e mitologia visiva pura che riaccende l'immaginazione. Quelle immagini viste adesso dicono con più profondità, si diffondono con più libertà rispetto a quando furono create.
La sua storia è fatta di scienziati pionieri, improvvisati avventurieri assetati di soldi che cercano di sfruttare la scoperta dell'invenzione del cinema, comiche, artisti Dada e Surrealisti, inarrivabili dive di Hollywood, dissesti e fallimenti, sperimentatori sovietici e scuri maestri nella Repubblica di Weimar. Ma sopratutto è una preistoria ancora quasi del tutto sconosciuta e misteriosa: esistono migliaia di cassette, scatole, archivi piccoli o grandi sparsi nel mondo da scoprire e dissotterrare come fa l'archeologia a caccia di reperti, ancora nascoste in granai, rigattieri, resti d'incendi e cantine metri di bobine mai viste aspettano di essere riportate alla luce. Moltissimo è andato perduto per sempre, poiché il nitrato di cellulosa è infiammabile, tende all'autocombustione, la stessa caratteristica della polvere da sparo.
C'è chi ha ridato nuova vita a queste immagini rimontandole ( found footage)...Bill Morrison, Segundo De Chomòn ecc...creando altro cinema. Ma ancora più interessante è riappropriarsi dello spirito e della visione di quel cinema, il muto come unica garanzia della purezza dell'immagine e della sua universalità (solo così è inteso a tutti gli angoli del mondo), il bianco/nero come messa in scena del mondo dell'immaginazione, l'ombra la luce e le sfaccettature del diamante.
Sbarazziamoci della narrazione, lasciamo le immagini alla deriva, alle loro apparizioni e fantasmagorie, lasciamole ad una nuova mitologia visiva. Provvediamo a qualcosa di più arcaico.
Lasciamo la visione alla sperimentazione di pionieri. Non c'è più niente da filmare, niente da raccontare, ma creare una trama d'immagini, un flusso puro e fantastico. L'unico cinema possibile.


IL TEMPIO

2022 :i sopravvissuti (Soylent Green)” è un noto film di fantascienza americano del 1973 tratto dal romanzo “Largo1 Largo!” di Harry Harrison. La terra è devastata e sfigurata dalla sciagurata condotta umana e il cibo è il problema maggiore. L'unica risorsa rimasta è il Soylent, delle gallette nutritive super-pubblicizzate e distribuite alle popolazioni. In questo ambiente si sviluppa la trama del film. Infine il poliziotto Thorn farà la macabra scoperta su come e con cosa viene fabbricato il Soylent.

 
In una delle scene finali l'anziano Sol si reca al Tempio: è il luogo dove si pratica l'eutanasia, più precisamente un suicidio assistito. E' il luogo rassicurante dove si scelgono le musiche e sopratutto le immagini del mondo che scorreranno su un grande schermo dove comodamente seduti ci si spegne piano piano dopo aver bevuto una sostanza che ucciderà.
Quasi cinquanta anni fa il Tempio è il luogo santo della voragine visiva, l'immersione visiva. I pensieri sono semi creatori di memorie, si disperdono e si ricreano altrove e in altri modi. Immagini di un film che appare dal nulla e poi improvvisamente scompare. Incalcolabili vite terrestri dentro millenni che pascolano smemorati pare questo spettacolo, la vita su questo pianeta. E' il Regno delle Immagini che accompagna la morte inscenando il gioco stesso della vita, un film che si autogenera rimontandosi con enigmatici scopi. Adesso tecnocrati possono mettere le mani su infinite immagini per altri santuari di mosaici elettronici, senza il poeta di questo motore. La nuova mitologia visiva.








"Il mito della macchina"
di Lewis Mumford, 1967 

Il libro comincia col cercare di respingere lo stereotipo dell'uomo primitivo che si sviluppa modellandosi sulle necessità materiali:

L'uomo moderno si è dato un'immagine curiosamente deforme di se stesso, interpretando la sua storia lontana sulla base dei suoi interessi attuali per la fabbricazione delle macchine e per il dominio della natura. Dopodiché ha giustificato le sue preoccupazioni di oggi definendo il suo io preistorico un animale che fabbrica utensili, presumendo che gli strumenti materiali della produzione dominassero su tutte le attività. […] Ci sono solidi motivi per credere che sin dall'inizio il cervello dell'uomo fosse ben più importante delle sue mani e che le sue dimensioni non potessero derivare soltanto dal fatto che modellava ed adoperava utensili; che il rito, il linguaggio e l'organizzazione sociale […] fossero probabilmente i suoi prodotti più importanti sin dalle prime fasi della storia.”.

Questa sopravvalutazione dell'impiego degli utensili marginalizza un io umano distinto da quello animale teso invece a fabbricare simboli, costruiti con le risorse fornite dal suo corpo: sogni, immagini e suoni.

Infatti tutto ciò che accade nel cervello può essere descritto solo servendosi di simboli forniti dalla mente (che racchiude tutta la storia culturale dell'uomo), e non dal cervello stesso, che è un organo biologico. La mente non potrebbe esistere senza l'attività del cervello e dell'intero organismo: esso registra, combina, accumula e trasmette significati, crea una sovrabbondanza d'immagini, suoni e simboli che la mente utilizza in modo indipendente. Non solo: il cervello muore, la mente si riproduce, può trasporre i simboli immagazzinati su pietra, carta ecc...che sopravvivono alla morte biologica.

E nell'enorme serbatoio cerebrale i sogni erano il regno degli antenati, continuavano a vivere misteriosamente le immagini, i fantasmi e i demoni. Nella dimensione del sogno, l'uomo, indifeso difronte a un brulicare di mostri ciechi dal profondo, scoprì il segreto della creatività:

Questo ci riconduce a un'ipotesi paradossale, secondo la quale la coscienza può essere stata istigata dalla disparità tra ambiente interiore, con le sue immagini inattese e i suoi eventi eccitanti anche se disordinati, e il mondo esteriore sul quale si svegliava. Che questo stacco tra mondo interno e esterno non provocasse soltanto perplessità, ma inducesse a raffronti più approfonditi e imponesse un'interpretazione? […]...fu il sogno a aprire gli occhi dell'uomo sulle nuove possibilità della sua vita di veglia”. E ancora:

Grazie alle dimostrazioni scientifiche, ai microscopi, ai telescopi ai raggi X, oggi sappiamo una cosa che l'uomo primitivo sembra aver scoperto casualmente nel sogno, e cioè che gran parte del nostro ambiente sfugge ai nostri sensi e solo un settore limitato dell'esistenza è passibile di osservazione diretta. Se l'uomo non avesse incontrato nel sogno i draghi e gli ippogrifi, forse non avrebbe mai concepito l'atomo”.

Il libro poi procede sullo sviluppo del linguaggio sminuendone l'aspetto “razionale”, quello della costruzione dei concetti o il comunicare messaggi precisi, sottolineando invece il sua prospettiva originaria, ovvero il linguaggio come metafora e mitologia universale, contenuti simbolici dei sogni. Sarà poi proprio attorno al simbolo che si strutturerà il mondo umano, fino ad arrivare alla costruzione della mega-macchina: invisibile sotto il cosmo era strutturata a partire dal sovrano, ovvero un capo militare assistito da burocrati e sacerdoti che lavoravano capillarmente per coinvolgere migliaia di uomini per fini enormi, megalomani e di fantasia. Questa macchina archetipa teneva insieme la componente umana col mito (da lì la costruzione per esempio della piramide). La mega-macchina è coercitiva, totalitaria, autoritaria e militare, spinta quasi sempre da fantasie distruttive, malata di potere. Il libro passa in rassegna lo sviluppo di questa macchina nei secoli, attraverso anche gli orrori del 900 e di oggi aggiungerei io, per concludere così:

La macchina, cominciarono a dire i pensatori 'progressisti', non era soltanto il modello ideale per spiegare e controllare tutte le attività organiche ma, per la sua fabbricazione in serie e per i suoi continui progressi, era la sola che potesse dare un significato all'esistenza umana. Entro un secolo o due, l'intelaiatura ideologica che sosteneva l'antica mega-macchina era stata ricostruita su un nuovo modello nuovo e migliorato. Potenza, velocità, movimento, standardizzazione, produzione in serie, quantificazione, irreggimentazione, precisione, uniformità, regolarità astronomica, controllo, sopratutto controllo, divennero le parole d'ordine della società moderna alla nuova maniera occidentale”.

1818-2018 ( II )



MARX

(5 maggio 1818 – 14 marzo 1883)

In particolare il giovane Marx
fantasma in bianco e nero semi-compreso in un film muto
divoratore di futuro
contagio
il disegno nel linguaggio del caos
Rivoluzione.

Il cavallo saltò tra la folla
attraverso il millenario enigma
proprio sopra la nave dei contemporanei,

Il poeta dei diavoli rossi
venuto a cercare il sole
propaganda il regno delle macchine
e trionfo nella città dell'utopia.

Poi
portarono fuori l'immagine del Santo … ai bordi del covo del caos con lumi di scorta e alfabeti brinati di avanguardie separate
questo sforzo autentico di conoscenza
adesso dorme sullo spettacolo ossessionante
intorno sistemi umani vaganti
ed attività compulsiva di serbatoi di informazioni.

Emancipazione
contro
tecnoscienza-alienazione-consumismo-guerra-feticismo della merce-denaro-belato di moda-razzismo.



1968-2018 ( I )




Oggi “2001: A Space Odyssey” di Kubrick compie 50 anni. Un' immersione dentro una Sala Visiva d'eccellenza, dentro un congegno ottico perfettamente calcolato. Il linguaggio puro delle immagini, lucido e imperturbabile. Ipnosi. Il nero monolite vaga, l'enigma fluttua nell'universo dopo l'apparizione all'alba dell'umanità fuori dalla grotta di un gruppo di ominidi. Si perde nel muto assoluto dello spazio buio ed infinito. E i silenzi assoluti improvvisi nell'audio e le musiche del film sono la parte fondamentale della colonna sonora, mai il silenzio ha così impressionato, mai si è così concretizzato facendosi reale. Fuori tutto galleggia, avanza nello spazio, è la danza dello spazio cosmico. Questo lo spazio esterno. Negli interni invece è rivestito di bianco e argento, fatto di tecno-arredi, ambienti optical e design tecnologico minimale, opaco. Un design che riveste tutto il film, dal grande, le astronavi e le basi spaziali, al più piccolo, la penna stilografica che fluttua nel vuoto. La grafica futuribile degli schermi di controllo, della strumentazione di bordo, delle etichette di sale comandi. L'odissea ruota attorno all'ignoto fino ad avanzare nell'oscurità cosmica sulle note malinconiche dell' adagio, la suite dal balletto Gayane, attraversa lo psichedelico stargate, stelle, nebulose, ottaedri e panorami per il mistero del viaggio nel Tempo, dopo che l'intelligenza artificiale di Hal ha ucciso. Attraversati i mondi si approda infine nella scena della camera chiusa in stile Impero: le poltrone, il letto, le statue nelle nicchie e gli stucchi Luigi XVI assemblati assieme al pavimento in plexiglas luminoso, alla bianca capsula sferica e alla tuta arancione di Bowman. La natura umana il destino l'umanità. Il feto cosmico, il Bambino-delle-stelle.
Mi ricordo di me ipnotizzato quando bambino l'ho visto dentro la sala cinematografica.
Il viaggio attraverso l'ignoto continua.




IL TEMPO

Medita assiduamente sulle immagini che gli antichi ci hanno lasciato. Esse indicano la via di quel che ha a venire”.
Da “Il Libro Rosso” di Carl Gustav Jung

Immense girandole che si estendono nello spazio per migliaia di anni luce.
I nostro occhi ancora fissano dentro il cielo sopra di noi, cercano rovistano nell'immensità del nero velluto dell'universo.
Ma osservare lontano nello spazio equivale a guardare indietro nel tempo. L'immagine di galassie e corpi luminosi remotissime ci racconta come apparivano questi oggetti nell'Universo primordiale. E' semplice: la luce viaggia con velocità finita, maggiore è la distanza che ci separa ad esempio da una galassia, tanto maggiore sarà il tempo necessario alla luce per coprire questa distanza. Così l'immagine che riceviamo si riferisce al passato. Un fatto è già accaduto, ma l'immagine è ancora lì per i nostri occhi. Guardando il cielo vediamo adesso ciò che è già avvenuto. Occhi, immagine, luce...di questo è fatto il Tempo. Non un concetto...ma occhi, immagine, luce.
Le immagini del passato, sono proprio lì difronte ai nostri occhi.
Una germinazione di forme e sistemi compositivi fatta di materia, spazio oggettività e informale sviluppa il suo misterioso linguaggio in un flusso d'immagini. Vere e proprie immagini viventi perché appartengono al passato come al futuro, e poi proprio adesso, nel sempre dell' adesso fluttuano nelle loro apparizioni e fantasmagorie. Le immagini si espandono. Il Tempo fatto di questo moto perpetuo d'immagini che si autogenerano, passando da un mondo ad un altro, fatto della visione di questo flusso di energia.
Anche Benjamin nei “Passages” parla di come nel passato c'è già come un'invisibile profezia sul futuro, e lui lo esprime usando le immagini e la potenza delle immagini.
Per secoli col guardare abbiamo interpretato il mondo, siamo stati come ciechi, adesso è l'età del vedere.
E se così si mostrasse il Tempo, la memoria è il racconto di un sogno che forse indica ciò che ancora ha a venire?



LA NOTTE

1. Ricordo una vechia città, rossa di  mura e turrita, arsa su la pianura sterminata nell'agosto torrido, con il lontano rifrigerio di colline verdi e molli sullo sfondo. Archi enormemente vuoti di ponti sul fiume impaludato in magre stagnazioni plumbee: sagome nere di zingari mobili e silenziose sulla riva: tra il barbaglio lontano i un canneto lontane forme ignude di adolescenti e il profilo e la barba giudaiaca di un vecchio: e a un tratto dal mezzo dell'acqua morta le zingare e un canto, da la palude afona una nenia primordiale monotona e irritante: e del tempo fu sospeaso il corso...

[ Inizio de "La Notte"  nei Canti Orfici, Dino Campana]

CREATION






DA “ TERRE OCCINDENTALI” DI WILLIAM BURROUGHS:

"[…] Allora il Dio Uno, sostenuto dal potere secolare, viene imposto alle masse nel nome dell'Islam, del Cristianesimo, dello Stato, perché tutti i leader secolari aspirano a essere l'Uno. Essere intelligenti ed osservatori sotto una simile cortina di oppressione significa essere “sovversivi: “Cosa stai guardando?”.
E i vecchi Dei tireranno avanti una stentata, degradata esistenza come folclore per turisti.
“Bambola vudù, signore? Testa mummificata? Osso appuntito? Molto spolco! Molto folte!”
Il Dio Uno può attendere. Il Dio Uno è il Tempo. E, col Tempo, ogni essere che sia spontaneo e vivo appassirà e morirà come una vecchia barzelletta. E cosa rende vecchia e morta una vecchia barzelletta? La ripetizione verbale.
Allora chi ha fatto tutte le meravigliose creature, i gatti e i lemuri e i visoni, le agili delicate antilopi, il micidiale crotalo azzurro, gli alberi e i laghi, i mari e le montagne? Coloro che sanno creare. Nessun scienziato se li saprebbe immaginare.
Hanno voltato la schiena alla creazione.
Bambola vudù, signore?
Riempila di chiodi
Avrai un buon vudù
Infallibile
Testa mummificata?
Ci cresceranno i capelli
Osso appuntito?
Molto spolco
Molto folte
Naturalmente i saggi dell'Occidente danno per scontato che gli Dei animali degli Egiziani siano fantasie di gente primitiva e arretrata, che non ebbe i vantaggi delle gloriose conquiste della Rivoluzione Industriale, una rivoluzione in cui un prodotto umano standardizzato spodesta se stesso e rimpiazza la propria specie con macchine. (Sono incomparabilmente più efficienti.)
A ogni modo, tutte le fantasie hanno un fondamento di realtà. Io mi arrischio a suggerire che in qualche tempo e luogo gli Dei animali siano veramente esistiti, e che la loro esistenza abbia dato origine al loro culto. A questo punto il concetto monolitico del Dio Uno si è proposto di schiacciare una rivoluzione biologica che avrebbe potuto spezzare le linee stabilite tra le specie, accelerando così un inimmaginabile caos, orrore, gioia e terrore, ignote paure e estasi, vertigini sfrenate di esperienze estreme, incommensurabili vittorie e sconfitte, spaventosi vicoli ciechi.
Coloro che hanno fiutato alla nascita simili braci, cosa hanno a che fare con noi?
Il culto del Falco, occhi azzurri aspri e spietati come il sole; i culti del Gufo, dagli enormi occhi gialli notturni e i fortissimi artigli aghiformi; donnole volanti e rettili...
Ma il Dio Uno ha tempo e influenza. Pesante come le piramidi, incommensurabilmente compatto, il Dio Uno sa attendere. I Molti Dei possono aver a disposizione un periodo di tempo non più lungo di quello della farfalla, fragile e triste come una barca di foglie morte, o dei pipistrelli trasparenti che emergono una volta ogni sette anni a riempire l'aria con impossibili turbini di profumi. [...]"

L'Informazione e il Trasmentale.


Come il lavoro industriale si contrappone all'artigianato, così la sua forma di comunicazione- l'informazione- si contrappone alla forma di comunicazione corrispondente al lavoro artigianale. […] Bisogna tener presente questo nesso, per farsi un'idea della forza dirompente contenuta nell'informazione. Nel sensazionale si libera questa forza. Con esso viene raso al suolo tutto ciò che ancora assomiglia alla saggezza, al tramandamento orale, all'aspetto epico della verità”.
 (W. Benjamin “Passages”)


Mentre siamo immersi nel brulicare digitale, l'informazione sogna l'estensione progressiva della sua esistenza materiale.
Sogna il suo panorama astratto, la dittatura del numero, la compressione della realtà nello scheletro elettronico del dato, tenta la diretta permanente in mondovisione nella rete globalizzata.
La banca dati mondiale per l' iperegolamentizzazione maniacale della vita, quando invece fuori tutto è caos.
Dai segni sulla sabbia, alle tavolette d'argilla ai papiri il numero ne ha fatta di strada.
Nuove tecnologie crescono e nascono nuovi linguaggi.
Sempre più distaccati dal nostro habitat organico, come minoranza dominante di questo pianeta, abbiamo lanciato un linguaggio che opera autonomamente, attraverso le macchine.
Una creazione che escluderà il nostro controllo, una pura creazione elettronica meccanizzata.
Il linguaggio appaltato alle macchine. L'automated journalism è già realtà, Associated press, una delle principali agenzie di stampa al mondo, utilizza l'algoritmo Wordsmith per scrivere alcuni articoli.
Questo l'estremo del linguaggio macchina assoluto.


All'estremo opposto il trasmentale, antico come la lingua stessa. Il trasmentale indica qualcosa che è fuori dalla mente ma che si diffonde nella mente, il toccare i suoi stati più profondi. Fu un concetto teorico letterario ed artistico, la musa dei futuristi russi, ma anche orientamento di quasi tutte le correnti europee di avanguardia del Novecento, vedi la scrittura automatica dei surrealisti o il dada. Linguaggio apparentemente incomprensibile, insensato ed ambiguo “fuori dalla ragione” tipico dei rituali, dei riti magici, analogo ai suoni prelinguistici primitivi o della prima infanzia.
Un linguaggio che crea nuovi mondi, che emerge dal profondo delle cose.
L'Informazione e il Trasmentale.
Nel mezzo a questo scontro di creazioni i linguaggi esplodono, si espandono e si ibridano, alati astratti e immateriali tessono il racconto che svelerà l'amicizia tra lo sviluppo dell'embrione e la struttura delle galassie, cristalli e camere astrali, anfiteatri e labirinti di conchiglia.
La percezione sogna difronte all'informe, la forma è una pausa della metamorfosi.